Matteo Ferrari, co-fondatore di Move Your Body Verona, è impegnato in una delle esperienze più stimolanti della sua carriera: lavorare come preparatore atletico nel circuito professionistico WTA. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare come è iniziata questa avventura, come si lavora con un’atleta d’élite e quali sono le sfide quotidiane di chi sta “dietro le quinte”.
Matteo, come sei entrato in contatto con questa atleta?
Ho ricevuto una chiamata da Flavio Cipolla, suo allenatore, con cui avevo già collaborato un paio di stagioni fa nel team di Gianluca Mager, top 61 ATP. Da lì è nata l’opportunità di entrare nel nuovo team.
Quali erano le sue esigenze o obiettivi principali all’inizio?
Sono entrato a stagione già avviata, subentrando al preparatore storico che l’aveva seguita per tutta la carriera. Il mio approccio è stato molto cauto: mi sono messo a disposizione, cercando prima di tutto di capire l’atleta, instaurare fiducia e portare – poco alla volta – la mia filosofia di lavoro.
Hai fatto dei test specifici nei primi incontri?
Il primo test è stato… ascoltare. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata, da cui ho capito molto del suo passato e delle sue abitudini. Poi ho eseguito valutazioni posturali e funzionali, ma non veri e propri test prestativi, per mancanza di tempo e logistica. Siamo sempre in viaggio. Il mio test vero è il lavoro quotidiano: osservo, valuto e adatto costantemente.
Che tipo di lavoro hai impostato inizialmente?
L’obiettivo era migliorare la qualità degli spostamenti in campo, renderla più veloce e stabile. Ho mantenuto tutto ciò che funzionava e introdotto esercitazioni su ritmo, tecnica e coordinazione. Nessuno stravolgimento, solo ottimizzazione progressiva.
Quali erano i punti deboli principali che hai individuato?
In realtà ho trovato un’atleta molto preparata. Il mio compito è stato quello di “limare” i dettagli, lavorando ogni giorno per migliorare i piccoli punti critici senza perdere nessuna qualità per strada.
Cosa cambia nel lavorare con un atleta di alto livello rispetto a un amatore?
Il contesto. Un professionista ha intorno un sistema di persone, impegni, pressioni e tempi molto stretti. Devi saper leggere i momenti, adattarti e prendere decisioni giuste in tempo reale. Non c’è spazio per forzature, solo per efficacia.
Quanto è durato finora il percorso insieme?
Siamo a circa ¾ di stagione. Ora ci prepariamo per la tournée americana che include gli US Open, poi si proseguirà in Asia. La stagione si chiude tra ottobre e inizio novembre.
Hai visto dei cambiamenti nell’atleta, anche a livello mentale?
Sì, i feedback sono positivi. L’atleta ha recepito bene il metodo, c’è buona sinergia con il coach e il team funziona. Il lavoro sta dando risultati, anche sul piano mentale.
Quali difficoltà avete dovuto affrontare in questi mesi?
Nel tennis le difficoltà sono quotidiane: viaggi, tornei, orari, gestione delle energie. È uno sport che ti mette continuamente alla prova, e la vera competenza è saper adattarsi. Non sempre la soluzione è quella scritta nei manuali.
Durante i tornei, qual è il tuo ruolo principale?
Dietro le quinte. Nei giorni prima si lavora forte per arrivare pronti. Durante il torneo, l’obiettivo è mantenere la condizione, recuperare bene e prevenire infortuni. Gestisco il pre e post match insieme al fisioterapista, con interventi mirati e funzionali.
Com’è stato vivere il Roland Garros dall’interno?
Un’emozione enorme. Sei nell’élite del tennis mondiale, senti la responsabilità ma anche il privilegio. Chi fa questo lavoro vive per questi momenti.
Hai vissuto momenti particolarmente coinvolgenti nel percorso?
Ogni giorno in realtà. Il preparatore lavora nell’ombra, ma è lì che si costruisce la performance. La partita è il risultato del lavoro quotidiano. Il mio obiettivo è portare l’atleta nella sua miglior forma e farlo durare il più a lungo possibile.
Quali sono i prossimi obiettivi?
L’US Open, che è il quarto e ultimo Slam della stagione. Poi la tournée asiatica per concludere al meglio l’anno.
Ultima domanda: cosa porti con te di Move Your Body in questa esperienza?
Tutto. Move Your Body non è solo una palestra: è un approccio, una mentalità. Attenzione alla persona, lavoro sui fondamentali, metodo. Anche a livello internazionale, i principi non cambiano: cura, ascolto e competenza fanno la differenza.




